In un panorama di generale imbastardimento culturale, dove nessuno sa più cos’è la vera musica, la vera letteratura, nessuno sa più distinguere tra un buon film e un C-movie, noi terroniani vogliamo provare a far spirare un vento nuovo… un vento dal sud che porti pace, cultura… poesia. Le rivoluzioni si fanno nel cuore.
Inauguriamo la rubrica Poesia briganta, con le parole in vernacolo calabrese di Bruno Salvatore Lucisano. 🙂
I centocinquant’anni – di Bruno Salvatore Lucisano
Dinnu ca sta Calabria non decolla
Dinnu ca striscia sempri terra terra
Pari ttacata cu na forti colla
Pari ch’è devastata di na guerra.
Non servi i si llertati u cirivejju
E politici i si mandati scasci
Sunnu fantasmi intra nu castejju
Simu jju ssutta di pajsi mbasci.
Ma l’urtima ccasioni chi ndi rresta
Datu ca sutta terra caminamu
Mi pregamu tantu a Sant’Ernesta
Ca spiranza u petroliu mi travamu.
Pocu, pocu, mi spunta di catoja
Comu nta na magia comu d’incantu
Nomm’è assai pecchì sinnò i Savoia
Ccà turnunu e ndi fann’u culu tantu!
Nel secondo rigo della mia poesia dovete togliere, se potete, “sta” che non c’entra nulla. “Dinnu ca striscia sempri terra terra” senza sta. Grazie. In seguito e con piacere se vorrete vi invierò delle altre poesie sempre in dialetto che riguardano la mia terra la terra di Calabria. Questo sito l’ho conosciuto tramite Paolo Cristiano.
IL RITORNO DEL BRIGANTE
Nacqui in una terra baciata dal sole
Lambita dall’acqua e piena d’amore.
Ella fu dai popoli nel tempo prediletta
e tutti i regnanti dei loro territori
la fecero reginetta.
Da Lei ebbero i natali
omini di menti illustri,
che la storia non fece vetusti,
e questi per la loro terra ringraziare,
nel corso dei secoli la fecero prosperare.
Ma un di dall’alpe lontano,
giunse un omo col fucile in mano
il quale col piombo e lingua fuggente,
promise terra a chi non avea niente
e, quando di tal promessa si resse fallace
ai poveri ignari li mise alla brace.
Col core spaccato da questo dolore
S’erse Crocco pien di furore:
<>.
Molti furono gli omini da Crocco infiammati
ma dai savoia furon ammazzati
ed affinchè il suo discendente
mai più si potesse ribellare,
la deportazione,
il savoiardo cominciò ad attuare.
Terre, case e mestieri
nel povero Sud non furon più veri
ed ancor oggi, nell’era della globalizzazione
parlar di lavoro è solo impressione;
ma tasse dazi e gabelle
se non le versi, ti mandan a Finestrelle.
No! nooo, non nel modo che tu poi pensare
ma tendendoti a casa alla berlina
di chi si trova a passare.
Svegliati padre lucano
unisciti al pugliese, che da te non è lontano,
Recatevi a Bronte dal Siciliano,
passa da Serre per al Calabrese
ricordare, che se siam uniti
qualcosa di buono ancor si può fare.
Quando tutti ci sarem riuniti
alla volta di Roma marciare dovremo,
passando da Porta Pia
breccia di un Italia
che mai fu resa mia.
Canti e Vessilli in alto porremo
mentre forte il passo a terra batteremo,
tanto che la terrà si induca a chinare
perché le Due Sicilie ritornano a lottare
CAFAGNA FILOMENO